Mi svegliai nel buio, con la bocca secca e la fronte sudata. Il soffitto era lì, immobile e vuoto sopra di me, ma sembrava ruotare piano, come una distesa d’acqua nera.15Please respect copyright.PENANABMGu8vnmGx
Non riuscivo a muovermi.
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Ero nudo, steso tra le lenzuola ancora umide. Il mio petto si sollevava con difficoltà, come se respirare fosse diventato un atto troppo complesso, troppo profondo.
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Lei era lì.
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Elita.
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Distesa accanto a me. I suoi occhi aperti, azzurri come lame di vetro, riflettevano appena il chiarore tremolante del lampione fuori dalla finestra. Le sue dita sfioravano il mio ventre con un tocco lento, circolare, ipnotico. Come se volesse leggermi attraverso la pelle.
– Hai sognato? – mormorò, senza voltarsi del tutto.
– Sì. – risposi, con voce roca. – Di nuovo.
Lei si girò appena, quel sorriso sottile sulle labbra che ormai conoscevo troppo bene. Lo stesso che aveva quando sapeva più di quanto volesse dire.
– Cos’hai visto? – chiese.
Deglutii. Le parole mi si bloccavano in gola, come se uscire volesse dire renderle vere.
– Un corpo. Il mio. Sotto il ghiaccio. – dissi. – Il tuo volto sopra.-
Lei non sembrò sorpresa. Anzi, quel sorriso si ammorbidì, come se fosse quasi tenera, indulgente.
– È normale. – disse piano. – Quando ci leghiamo così tanto, il tuo inconscio si difende. Si aggrappa a immagini forti. Simboli. Ghiaccio, morte, cecità... paura di sparire.
– E quanto continuerà? – chiesi, cercando di controllare il tremore nella voce.
Si avvicinò. Mi parlò all’orecchio, a un soffio dalla mia pelle.
– Finché non smetterai di combattere. Finché non mi vorrai completamente.-
Mi voltai di scatto, un movimento istintivo, come se avessi toccato qualcosa di troppo caldo.
– E se io non lo volessi?-
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Il silenzio che seguì non fu silenzio. Fu un gelo. Qualcosa che si insinuò tra le pareti, dentro i muri, sotto la pelle. Anche il vento fuori sembrò fermarsi, come in ascolto.
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Lei rimase immobile.
Solo gli occhi cambiarono.
Da azzurri si fecero quasi blu, ma lo attribuii ad un gioco di luce e ombra.
– Lo vuoi. – disse, senza alcuna inflessione. – Il tuo corpo lo sa.-
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Mi alzai dal letto, tremante. Sentivo la pelle ancora calda per il suo tocco, ma già in fuga. Mi rivestii in fretta, come se ogni secondo nudo accanto a lei fosse un pericolo. Una condanna.
– Sto perdendo pezzi di me. – dissi, mentre cercavo di infilarmi i jeans con mani tremanti. – Non esco da giorni. Ho smesso di vivere. Di respirare il mondo.-
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Mi voltai verso di lei.
– Tranne te.-
Lei si alzò, nuda, senza vergogna. I capelli scendevano in ciocche umide lungo il collo. Ogni suo passo sembrava lento, calibrato, come se conoscesse il modo esatto di camminare verso la mia paura.
– Non voglio ucciderti. – disse. – Ti voglio accanto. Sempre.
– Anche se significa cancellarmi?-
Questa volta fu lei a fermarsi.
Lo sguardo si abbassò, per un momento. Un battito di ciglia. Poi tornò su di me.
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– Sì. – sussurrò. – Perché tu mi hai trovata quella notte. Tu mi hai scelto. E io... io non tornerò al vuoto in cui vivevo prima.-
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Mi fermai. Non c’erano più parole tra noi. Solo la distanza.
Il pavimento sembrava freddo sotto i piedi scalzi. Da fuori arrivava il rumore della pioggia gelata che batteva sul tetto, come un’orchestra di aghi. Ogni goccia una domanda.
Ogni goccia una condanna.
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Mi chiusi in bagno. Accesi la luce. Il volto allo specchio era il mio, ma anche no.
Gli occhi erano più spenti. Le occhiaie più scure. I lineamenti tesi, come se stessi vivendo in apnea.
Aprii il rubinetto.
L’acqua ghiacciata mi scivolò tra le dita, ma non mi svegliò.
Rimasi a fissare le mani. Mi chiesi cosa diavolo stavo diventando...
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